Manoscritti economico-filosofici del 1844
Karl Marx(1844)

La rendita fondiaria



[I] Il diritto dei proprietari fondiari trae la sua origine » dalla rapina (Say, t. I, p. 136, nota). I proprietari fondiari amano, come tutti gli uomini, raccogliere dove non hanno seminato e pretendono una rendita pure per il prodotto naturale del suolo (Smith, t. I, p. 99).
«Ci si potrebbe rappresentare la rendita fondiaria come null'altro che il profitto del capitale che il proprietario ha investito per migliorare il terreno... Vi sono casi in cui la rendita fondiaria può essere in parte questo... ma il proprietario fondiario esige: 1) una rendita anche per la terra non migliorata, e quel che si può considerare come interesse o profitto sulle spese di miglioramento, è per lo più soltanto un'aggiunta a questa rendita originaria; 2) inoltre questi miglioramenti non sono sempre eseguiti coi capitali del proprietario, ma qualche volta con quelli dell'affittuario; ciononostante, quando si tratta di rinnovare l'affitto, il proprietario chiede abitualmente un aumento della rendita come se tutti questi miglioramenti fossero stati eseguiti coi suoi capitali; 3) già, e talvolta pretende anche una rendita per ciò che è assolutamente insuscettibile anche del più piccolo miglioramento con l'opera dell'uomo» (SMITH, t. I, pp. 300, 301). Smith cita come esempio dell'ultimo caso la salicornia, una specie di pianta marina che bruciata dà un sale) alcalino, con cui si possono fare vetro, sapone, ecc. Cresce in Gran Bretagna, di preferenza in Scozia in diversi luoghi, ma solo sulle rocce che sono raggiunte dall'alta marea; è coperta due volte il giorno dai flutti del mare e il suo prodotto quindi non può mai essere aumentato dall'industria dell'uomo. Tuttavia il proprietario di un fondo dove cresce questa specie di pianta, pretende una rendita come da un terreno coltivato a frumento. Nelle vicinanze dell'isola di Shetland il mare è straordinariamente pescoso. Una gran parte dei suoi abitanti [II] vive di pesca. Ma per trar profitto dal prodotto del mare bisogna avere una casa sul vicino retroterra. La rendita fondiaria non è proporzionale a ciò che l'affittuario può ottenere con la terra, ma con ciò che può ottenere con la terra e col mare insieme (Smith, t. I, pp. 301, 302).
«Si può considerare la rendita fondiaria come il prodotto della forza naturale, il cui uso viene dato in prestito dal proprietario all'affittuario. Questo prodotto è più o meno grande secondo la maggiore o minore dimensione di questa forza o in altre parole secondo che la fertilità naturale e artificiale della terra sia più o meno grande. E opera della natura tutto ciò che rimane quando si sia fatta la sottrazione o la compensazione di ciò che si può considerare come opera dell'uomo» (Smith, t. II,pp. 377, 378).
«La rendita fondiaria, considerata come prezzo che si paga per l'uso della terra, è quindi, com'è naturale, un prezzo di monopolio. Essa non è affatto proporzionale ai miglioramenti, che il proprietario fondiario ha dedicato alla terra, o a quello che deve ricavarne per non rimetterci, ma a ciò che l'affittuario è in grado di dare senza rimetterci» (Smith, t. I, p. 302).
«Delle tre classi produttive la classe dei proprietari fondiari è quella il cui reddito non costa né lavoro né cure, ma a cui il reddito viene per così dire da sé e senza che vi aggiunga né una qualche idea né un qualche piano» (Smith, t. II, p. 161).
Abbiamo già visto che la quantità della rendita fondiaria è in proporzione con la fertilità del suolo.
Un altro momento necessario per la sua determinazione è la posizione.

«La rendita muta con la fertilità della terra, quale che sia in ogni momento il suo prodotto, e con la posizione, quale che sia in ogni momento la sua fertilità» (Smith, t. I, p. 306).
« Se terreni, miniere, zone di pesca hanno uguale produttività, il loro prodotto sarà in proporzione con la quantità di capitali, investiti per la loro cultura o per il loro sfruttamento, ed anche con la maggiore [III] o minore oculatezza dell'investimento. Se i capitali sono eguali e sono investiti con pari oculatezza, il prodotto sarà in proporzione con la produttività naturale dei terreni, delle zone di pesche e delle miniere» (Smith, t. II, p. 210).
Queste affermazioni dello Smith sono importanti perché rimanendo uguali e di eguale estensione i costi di produzione riducono la rendita fondiaria alla maggiore o minore fertilità del suolo. Cosi dimostrano chiaramente l'assurdità dei concetti dell'economia politica, che trasforma la fertilità della terra in una qualità del proprietario fondiario.
Ma ora consideriamo la rendita fondiaria, come si costituisce nei rapporti economici reali.
La rendita fondiaria viene determinata dalla lotta tra l'affittuario e il proprietario. Nell'economia politica troviamo ovunque il contrasto ostile degli interessi, la lotta, la guerra come fondamento dell'organizzazione sociale.
Vediamo ora come il proprietario e l'affittuario stanno in relazione fra di loro.
«Con la stipulazione delle clausole di affittanza il proprietario fondiario cerca possibilmente di non concede re all'affittuario più di quel che occorra per ricostituire il capitale necessario a provvedere le sementi, a retribuire il lavoro, a comprare e mantenere bestie e altri attrezzi, e inoltre a ricavare il guadagno abituale degli altri affittuari della zona. È evidente che .questa è la concessione minima con cui l'affittuario può essere soddisfatto, senza andare in perdita, e raramente il proprietario ritiene di dover concedere di più. Tutto ciò che rimane del prodotto o del suo prezzo oltre questa porzione, comunque il residuo sia costituito, il proprietario cerca di riservarselo come rendita fondiaria, ed è la più alta che l'affittuario possa pagare nello stato attuale della terra [IV]. Questo soprappiù può essere sempre considerato come la rendita fondiaria naturale, o come la rendita a cui la maggior parte dei fondi sono naturalmente dati in affitto» (Smith, t. I, pp. 299, 300).
« I proprietari fondiari - dice Say - esercitano una specie di monopolio nei confronti degli affittuari. La domanda dei loro prodòtti, del fondo è del suolo, può estendersi continuamente; ma la quantità dei prodotti si estende soltanto sino ad un certo punto... Il rapporto economico che si stabilisce tra il proprietario e l'affittuario è sempre il più possibile vantaggioso per il primo... oltre il vantaggio che quegli trae dalla natura delle cose, ne trae un altro dalla posizione, dal maggiore patrimonio, dal maggiore credito, dalla maggiore reputazione; ma già il primo è sufficiente a metterlo in condizione di approfittare da solo delle condizioni favorevoli del fondo e del suolo. L'apertura di un canale, di una strada, l'aumento di popolazione e di benessere della zona fanno rialzare sempre il prezzo dell'affitto... L'affittuario stesso può, sì, migliorare il terreno a proprie spese; ma da questo capitale egli trae un vantaggio unicamente per la durata della sua affittanza, e alla scadenza il vantaggio rimane al proprietario; da questo momento in poi il proprietario ricava gli interessi, senza aver esposto nulla, perché l'affitto oramai viene elevato in proporzione» (Say, t. II, pp. 142, 143).
«La rendita fondiaria, considerata come il prezzo che vien pagato per l'uso della terra, è quindi naturalmente il prezzo più alto che l'affittuario è in grado di pagare nelle attuali condizioni del fondo e del suolo» (Smith, t. I,p. 299).
«La rendita fondiaria della superficie del suolo ammonta per lo più soltanto alla terza parte del prodotto complessivo ed è per lo più una rendita fissa, indipenden­te dalle oscillazioni casuali [V] del raccolto» (SMITH, t. I, p. 351). «Di rado questa rendita ammonta a meno di un quarto del prodotto complessivo» (ibid., t. II, p. 378). La rendita fondiaria non può essere pagata per tutte le merci. Per esempio, in molti luoghi non viene pagata al­cuna rendita fondiaria per le pietre. «Dei prodotti della terra si può abitualmente portare sul mercato solo quella parte il cui prezzo corrente basta a ricostituire il capitale occorrente al trasporto e i pro­fitti abituali del capitale stesso. Se poi il prezzo sorpas­sa questo limite, il sovrappiù va a finire naturalmente nella rendita fondiaria. Ma se è appena sufficiente, può, si, la merce essere portata sul mercato, ma non basta a provvedere il proprietario fondiario di una rendita fon­diaria. Che poi il prezzo sia o non sia più che sufficien­te, dipende dalla domanda» (Smith, t. I, pp. 302, 303).. «La rendita fondiaria entra nella composizione del prezzo della merce in tutt'altro modo che il salario e il profitto del capitale. Il tasso maggiore o minore dei salari e dei profitti determina il rincaro o il ribasso della merce; invece, il tasso maggiore o minore della rendita fondia­ria è determinata dal prezzo» (Smith, t. I, p. 303). Ai prodotti che danno origine sempre a una rendita fondiaria, appartengono i viveri. «Poiché gli uomini, come tutti gli altri animali, aumentano in relazione ai loro mezzi di sussistenza, c'è sem­pre una maggiore o minore domanda di viveri. Coi vive­ri si potrà sempre acquistare una maggiore o minore quan­tità di lavoro [VI], e si troveranno sempre persone di­sposte a far qualche cosa per procurarseli. Il lavoro che si può acquistare coi viveri non è sempre eguale al lavo­ro che essi potrebbero mantenere, se fossero distribuiti nel modo più economico, e ciò a causa dei salari alle vol­te elevati. Ma coi viveri si può sempre acquistare tanto lavoro quanto essi possono mantenere in base al livello a cui quella specie di lavoro è comunemente mantenuto nel­la zona. In quasi tutte le situazioni la terra produce una maggior quantità di viveri di quelli che sono sufficienti a mantenere tutto il lavoro occorrente a portare questi viveri1 sul mercato. Ciò che rimane in più è sempre più che sufficiente a rimpiazzare con profitto il capitale che ha messo in moto quel lavoro. E quindi resta pur sempre qualcosa perché il proprietario fondiario riceva una rendita» (Smith, 1.1, pp. 305, 306). «Non soltanto la rendita fondiaria trae la sua prima origine dai viveri, ma ancora se qualche altra parte del prodotto della terra viene in seguito ad apportare una rendita, la rendita fondiaria deve questo aumento di valore all'aumento di forza raggiunto dal lavoro per produrre i viveri, mediante la coltivazione e il miglioramento della terra» (Smith, t. I, p. 345). «I viveri necessari all'uomo sono quindi sempre sufficienti a produrre la rendita fondiaria» (Smith, t. I, p. 337). «I paesi si popolano non in ragione del numero di persone che i loro prodotti sono in grado di vestire ed alloggiare, ma in ragione del numero che i loro prodotti riescono a nutrire» (Smith, t. I, p. 342).
«Dopo i viveri, i maggiori bisogni dell'uomo sono i vestiti, la casa e il riscaldamento. Questi fruttano il più delle volte una rendita fondiaria, ma necessariamente non sempre» {ibid., t. I, pp. 337, 338).
[VIII] Ed ora vediamo in qual modo, il proprietario fondiario sfrutta, tutti i vantaggi della società.
1) La rendita fondiaria aumenta con l'aumentare della popolazione (SMITH, t. I, p. 335).
2) Abbiamo già udito da Say che la rendita fondiaria cresce con le ferrovie, ecc., col miglioramento, la sicurezza, la moltiplicazione dei mezzi dì comunicazione.
3) «Ogni miglioramento che si opera nelle condizioni della società tende direttamente o indirettamente a far aumentare la rendita fondiaria, ad elevare la ricchezza reale dei proprietario, cioè il suo potere di acquistare l'altrui lavoro o il prodotto dell'altrui lavoro... L'estendersi del miglioramento delle terre e della cultura mira a questo scopo in maniera diretta. La parte del prodotto che spetta al proprietario aumenta necessariamente con l'aumentare del prodotto... Il rialzo del prezzo reale di questa specie di prodotti grezzi, per esempio il rialzo nel prezzo del bestiame, tende anch'esso direttamente ad aumentare la rendita fondiaria e in una proporzione ancor più alta. Non solamente il valore reale della parte che spetta al proprietario fondiario, il potere reale che questa parte gli conferisce sopra il lavoro altrui, aumentano necessariamente col valore reale del prodotto, ma aumenta con questo valore anche la proporzione di questa parte in relazione al prodotto totale. Questo prodotto, I dopoché il suo prezzo reale è aumentato, non esige mag-gior lavoro [di prima], per essere raccolto e per rimpiazzare il capitale impiegato insieme coi suoi profitti abituali. La parte restante del prodotto, che appartiene ali proprietario, sarà rispetto al prodotto totale più grande di quel che prima non fosse» (Smith, t. II, pp. 158-59).
[IX] L'aumento della domanda di prodotti grezzi e il conseguente aumento del valore possono avere origine dall'accrescimento della popolazione, e dall'accrescimento dei suoi bisogni. Ma ogni nuova scoperta, Ogni nuova applicazione che conduca alla produzione di manufatti da una materia prima sino allora poco o nulla usata, aumenta la rendita fondiaria. Cosi, ad esempio, la rendita delle miniere di carbon fossile è straordinaria mente aumentata con le ferrovie, la navigazione a vapor e, ecc.
Oltre questo vantaggio che il proprietario fondiario trae dalla lavorazione, dalle scoperte, dal lavoro, ne vediamo subito ancora un altro.
4) «Quelle specie di miglioramento nella forza produttiva del lavoro che tendono direttamente a ridurre il prezzo reale dei prodotti manufatti, tendono indirettamente ad elevare la rendita fondiaria reale. Contro il prodotto manufatto il proprietario scambia la parte del prodotto grezzo che eccede il suo consumo personale, o il prezzo di questa parte. Tutto ciò che riduce il prezzo reale di questa prima specie di prodotto, eleva il prezzo reale del secondo. Una medesima quantità del prodotto grezzo corrisponde da allora in poi a una maggior quantità del prodotto manufatto, e il proprietario si trova in condizione di procurarsi una maggior quantità di cose di comodità, d'ornamento e di lusso» (Smith, t. II, p. 159).
Se però ora Smith, dal fatto che il proprietario fondiario sfrutta tutti i vantaggi della società [X], conclude (t. II, p. 161) che l'interesse del proprietario fondiario s'identifica sempre con quello della società, dice una sciocchezza. Nell'economia politica, sotto il predominio della proprietà privata, l'interesse che un individuo ha alla società è inversamente proporzionale all'interesse che la società ha per lui, allo stesso modo che l'interesse dell'usuraio per lo sperperatore non s'identifica affatto con l'interesse dello sperperatore.
Ricordiamo solo di passaggio la tendenza al monopolio da parte dei proprietari fondiari nei confronti della proprietà fondiaria di paesi stranieri, donde hanno origine per esempio le leggi sul grano. Cosi pure sorvoliamo sulla servitù della gleba del Medioevo, sulla schiavitù nelle colonie, sulla miseria dei contadini, dei braccianti in Gran Bretagna. Soffermiamoci sulle affermazioni stesse dell'economia politica.
1) Che il proprietario fondiario sia interessato al benessere della società, significa, in base ai principi dell'economia politica, che è interessato all'aumento progressivo della popolazione, della produzione di manufatti, all'accrescimento dei bisogni, in una parola, all'aumento della ricchezza; ma secondo, le considerazioni fatte sin qua questo aumento di ricchezza s'identifica con l'aumento della miseria e della schiavitù. Il rapporto crescente in cui gli affitti stanno con la miseria è un esempio dell'interesse del proprietario fondiario per la società; infatti con gli affitti cresce la rendita fondiaria, il frutto del suolo su cui è la casa.
2) Secondo gli stessi economisti l'interesse del proprietario fondiario è antitetico all'interesse dell'affittuario, e quindi di una parte considerevole della società.
[XI] 3) Poiché il proprietario fondiario può esigere dall'affittuario una rendita tanto maggiore quanto più basso è il salario che l'affittuario paga ai contadini, e poiché l'affittuario tanto più ribassa il salario quanto maggiore è la rendita fondiaria che il proprietario esige, ne viene che l'interesse del proprietario è antitetico all'interesse dei contadini, proprio come accade dell'interesse del padrone di fabbrica rispetto ai suoi operai. Esso riduce il salario al minimo.
4) Poiché la reale diminuzione del prezzo dei prodotti manufatti aumenta la rendita fondiaria, ne viene che il proprietario fondiario ha un interesse diretto alla compressione dei salari degli operai manifatturieri, alla concorrenza tra capitalisti, alla superproduzione, alla completa miseria delle manifatture.
5) Dunque, l'interesse del proprietario fondiario, ben lungi dall'identificarsi con l'interesse della società, è in antitesi con l'interesse degli affittuari, dei contadini, degli operai di fabbrica, e dei capitalisti; d'altra parte, l'interesse di un proprietario fondiario non s'identifica neppure con quello di un altro proprietario fondiario, a cau-sa della concorrenza che ora vogliamo prendere in esame.
In generale, la grande proprietà fondiaria e la piccola si comportano già tra loro come il grande e il piccolo capitale. Ma si aggiungono ancora circostanze speciali che producono senz'altro l'accumulazione della grande proprietà fondiaria e l'assottigliamento della piccola per opera della grande.
[XII] 1) In nessun caso il numero relativo degli operai e degli strumenti diminuisce con l'ingrandirsi dell'azienda più che nella proprietà fondiaria. Parimenti, in nessun caso la possibilità dello sfruttamento totale, del risparmio nei costi di produzione e di un'abile divisione del lavoro cresce con l'ingrandirsi dell'azienda più che nella proprietà fondiaria. Un campo può essere piccolo quanto si vuole: gli attrezzi che gli sono necessari come l'aratro, la sega, ecc., raggiungono un certo limite sotto il quale non possono scendere, mentre l'estensione della proprietà può diminuire assai oltre questo limite.
2) La grande proprietà fondiaria accumula a proprio vantaggio i frutti impiegati dal capitale dell'affittuario per il miglioramento del fondo e del suolo. La piccola proprietà fondiaria deve impiegare il capitale proprio. Quindi per essa vien meno interamente questo profitto.
3) Mentre ogni miglioramento sociale giova alla grande proprietà fondiaria, nuoce alla piccola, perché la costringe a ricorrere ognor più al denaro contante.
4) Per questa concorrenza vi sono da considerare ancora due leggi importanti:
a) la rendita dei terreni, coltivati per la produzione di generi alimentari, regola la rendita della maggior parte degli altri terreni coltivati (Smith, t. I, p. 331).
Solo la grande proprietà fondiaria può in ultima analisi produrre generi alimentari, come bestiame, ecc. Cosi regola la rendita degli altri terreni e può ridurla al minimo.
Il piccolo proprietario fondiario, che si lavora da sé il proprio fondo, si trova poi di fronte al grande proprietario nello stesso rapporto in cui un artigiano che possiede il proprio strumento di lavoro, si trova di fronte al padrone di fabbrica. Il piccolo proprietario fondiario è diventato un semplice strumento di lavoro. [XVI] La rendita fondiaria sfuma completamente per il piccolo proprietario fondiario; al massimo gli rimane il. frutto del suo capitale e il suo salario, dal momento che con la concorrenza la rendita fondiaria può esser condotta al punto da essere soltanto più il frutto del capitale non pur impiegato.
b) Abbiamo del resto già visto che in condizioni di uguale fertilità e di sfruttamento ugualmente avveduto di terreni, miniere, zone di pesca, il prodotto sta in proporzione alla grandezza dei capitali. Dunque la vittoria spetta al grande proprietario fondiario. Lo stesso accade nel caso di capitali uguali relativamente alla fertilità. Così nel caso di capitali uguali la vittoria spetta al proprietario del terreno più fertile.
c) «Di una miniera in generale si può dire che è produttiva o improduttiva secondo che la quantità del minerale, che si può estrarre da essa con una certa quantità di lavoro, è maggiore o minore di quella che con la stessa quantità di lavoro si può estrarre dalla maggior parte delle altre miniere della stessa specie» (Smith, t. I, pp. 345, 346). «Il prezzo delle miniere più produttive regola il prezzo del carbone per tutte le altre miniere dei dintorni. Il proprietario fondiario e l'imprenditore trovano entrambi che potranno avere, l'uno una rendita più alta, l'altro un più alto profitto, se riescono a vendere la merce più a buon mercato che i loro vicini. I vicini sono costretti ormai a vendere allo stesso prezzo, per quanto siano meno in condizione di farlo, e per quanto questo prezzo vada sempre più diminuendo e gli porti via talvolta l'intera rendita e l'intero profitto. Dopo di che alcuni sfruttamenti minerari vengono ad essere completamente abbandonati, altri non danno più nessuna rendita e possono essere continuati soltanto dallo stesso proprietario» (Smith, t. I, p. 350). «Dopo la scoperta delle miniere del Perù la maggior parte delle miniere europee d'argento furono abbandonate... Lo stesso accadde relativamente alle miniere di Cuba e San Domingo, e anche alle antiche miniere del Perù dopo la scoperta di quelle di Potosi» (t. I, p. 353). Quello stesso che Smith dice delle miniere vale più o meno per la proprietà fondiaria in generale.
d) « E da notare che il prezzo corrente dei terreni dipende sempre dai tassi correnti d'interesse... Se la rendita fondiaria cadesse al di sotto del tasso corrente d'interesse per una differenza molto forte, nessuno vorrebbe comprare terreni, e ciò tornerebbe a ridurre ben presto il loro prezzo corrente. All'opposto, se i proventi della rendita fondiaria costituissero qualcosa di assai di più che un compenso dell'interesse del denaro, tutti vorrebbero comprare terreni, il che tornerebbe pure a ristabilire ben presto il loro prezzo corrente» (t. II, pp. 367, 368). Da questo rapporto intercorrente tra la rendita fondiaria e l'interesse del denaro segue che la rendita fondiaria deve cadere sempre più, di guisa che da ultimo soltanto le persone più ricche possono ancora vivere sulla rendita fondiaria. Quindi la concorrenza tra i proprietari che non danno in affitto i loro fondi diventa sempre più grande. Rovina di una parte di costoro nuova accumulazione da parte del grande proprietario. [XVII] Questa concorrenza conduce inoltre alla conseguenza che una gran parte della proprietà fondiaria calde nelle mani dei capitalisti e così i capitalisti diventano ad un tempo proprietari fondiari, allo stesso modo che ormai i proprietari minori sono in generale soltanto più dei capitalisti. Parimenti, una parte della grande proprietà fondiaria diventa nello stesso tempo proprietà industriale.
La conseguenza ultima è quindi la riduzione di ogni differenza tra capitalista e proprietario fondiario, di guisa che nell'insieme risultano esservi soltanto più due classi di popolazione, la classe dei lavoratori e la classe dei capitalisti. Questa venalità della proprietà fondiaria, questa trasformazione della proprietà fondiaria in una merce rappresenta il crollo finale della vecchia aristocrazia e il finale perfezionamento dell'aristocrazia del denaro.
1) Noi non ci uniamo alle lacrime sentimentali che i romantici piangono su questa vicenda. Costoro confondono sempre l'ignominia insita nella venalità della terra con la conseguenza implicita nella venalità della proprietà privata sulla terra, conseguenza che è del tutto logica, necessaria e auspicabile nell'ambito della proprietà privata. Anzitutto la proprietà fondiaria feudale è già per sua natura la terra alienata, la terra resa estranea all'uomo e quindi a lui contrapponentesi sotto forma di alcuni pochi grandi signori. Già nella proprietà fondiaria feudale la signoria sulla terra si presenta come una potenza estranea al di sopra degli uomini. Il servo della gleba è un elemento accidentale della terra. Lo stesso signore di un maggiorasco, il figlio primogenito, appartiene alla terra. Essa lo eredita. In generale la signoria della proprietà privata comincia con la proprietà fondiaria; la quale ne costituisce la base. Ma nel possesso fondiario feudale il signore appare per lo meno come il re del possesso fondiario. Parimenti esiste ancora l'apparenza di un rapporto tra il possessore e la terra, più intimo di quello implicito in una ricchezza composta semplicemente di beni materiali. Il fondo acquista la propria individualità insieme col suo signore; ed ha il proprio rango, è baronale o comitale insieme con lui, ha i propri privilegi, la propria giurisdizione, i propri rapporti politici, ecc. Appare come il corpo inorganico del suo signore. Di qua il proverbio: «Nulle terre sans maitre», dove è espressa la perfetta aderenza della signoria col possesso fondiario. Cosi pure, la signoria della proprietà fondiaria non si presenta immediatamente come signoria del puro e semplice capitale. Coloro che vi sono sottomessi stanno più in rapporto con essa che con la loro patria. E una specie ridotta di nazionalità. [XVIII] La proprietà fondiaria feudale dà al suo signore il nome, come un regno lo dà al suo re. La storia della sua famiglia, della sua casa, ecc., tutto ciò dà al suo possesso fondiario un carattere individuale, e lo fa diventare formalmente la sua casa, lo fa diventare una persona. Cosi pure i contadini del possesso fondiario non si trovano con questo in rapporto di bracciantato, ma in parte sono essi stessi una proprietà di quello, come i servi della gleba, in parte stanno con esso in un rapporto di rispetto o di sudditanza o di obbligazione. La posizione del possesso fondiario nei riguardi di costoro è quindi immediatamente politica ed ha pure un lato affettivo. I costumi, il carattere, ecc., mutano col passar dall'uno all'altro fondo e appaiono unitamente al pezzo di terra, mentre più tardi ciò che lega l'uomo al fondo non è più il suo carattere, la sua individualità, ma soltanto la sua borsa. Infine il signore non cerca di trarre dal proprio possesso fondiario il maggior vantaggio possibile. Anzi, egli consuma ciò che c'è, e lascia tranquillamente la cura di raccogliere ai contadini e ai fittavoli. Questo è il modo d'essere aristocratico del possesso fondiario che getta sul suo signore una gloria romantica.
È necessario che questa apparenza venga soppressa, che la proprietà fondiaria, la radice della proprietà privata, venga attratta interamente nel movimento della proprietà privata e si trasformi in merce, che la signoria del proprietario appaia come la signoria pura e semplice della proprietà privata, del capitale, spogliata di ogni valore politico, che il rapporto tra proprietario e lavoratore si riduca al rapporto economico tra sfruttatore e sfruttato, che ogni rapporto personale del proprietario con la sua proprietà venga meno e questa si trasformi in ricchezza puramente reale, materiale, che al posto del matrimonio onorifico con la terra subentri un matrimonio d'interesse, e la terra decada a valore venale, non diversamente dall'uomo. È necessario che appaia pur nella sua forma cinica ciò che costituisce la radice della proprietà fondiaria, lo sporco egoismo. E necessario che il monopolio in istato di quiete si capovolga nel monopolio in istato di movimento e di irrequietezza, cioè nella concorrenza, che il godimento ozioso dell'altrui sudore di sangue si capovolga in un intenso traffico con lo stesso. E alla fine necessario che in questa concorrenza la proprietà fondiaria sotto forma di capitale mostri la sua signoria tanto sulla classe dei lavoratori quanto sui proprietari stessi, essendo che le leggi del moto del capitale o li mandano in rovina o li innalzano. Così, al posto del proverbio medievale: «Nulle terre sans seigneur», vale quell'altro: «L'argent n'a pas de maitre», dove si esprime la completa signoria sull'uomo da parte della materia colpita a morte.
[XIX] 2)Per quel che riguarda la disputa intorno alla divisione o non divisione del possesso fondiario, c'è da osservare quanto segue:
La divisione del possesso fondiario nega il grande monopolio della proprietà fondiaria, lo sopprime, ma solo in quanto lo generalizza. Non sopprime il fondamento del monopolio, la proprietà privata. Attacca l'esistenza, ma non l'essenza del monopolio. Ne segue che diventa vittima delle leggi della proprietà privata. La divisione del possesso fondiario corrisponde precisamente al movimento della concorrenza nel campo dell'industria. Oltre agli svantaggi - valutabili in termini di economia politica - di questa divisione di strumenti di lavoro e della separazione di un lavoro dall'altro (da distinguersi dalla divisione del lavoro: il lavoro non viene diviso tra molti, ma lo stesso lavoro viene compiuto da ognuno per sé; si tratta cioè di una moltiplicazione dello stesso lavoro), questa divisione, come la concorrenza, si inverte necessariamente di nuovo in accumulazione.
Dunque, dove ha luogo la divisione del possesso fondiario non rimane altro che ritornare al monopolio in una forma ancora più odiosa oppure negare, cioè sopprimere, la divisione stessa del possesso fondiario. Ma non si tratta di ritornare al possesso feudale, ma di giungere alla soppressione in generale della proprietà privata sul fondo e sul suolo. La prima soppressione del monopolio è sempre la sua generalizzazione, l'allargamento della sua realtà di fatto. La soppressione del monopolio che ha raggiunto la sua realizzazione più ampia ed estesa possibile, è il suo completo annullamento. L'associazione, applicata al fondo e al suolo, partecipa del vantaggio di cui gode dal punto di vista dell'economia politica il possesso fondiario e realizza primamente la tendenza originaria alla divisione, cioè l'uguaglianza; e d'altra parte ristabilisce pure la relazione affettiva dell'uomo con la terra in un modo razionale, e non più mediante la servitù della gleba, la signoria ed una insulsa mistica della proprietà: e ciò fa in quanto la terra cessa di essere un oggetto venale, e ridiventa col lavoro libero e col libero godimento una proprietà vera e personale dell'uomo. Un grande vantaggio della divisione è che la massa di coloro che vi partecipano va in rovina nella proprietà in altro modo che l'industria; e si tratta di una massa di individui che non può più risolversi a porsi in servitù.
Per quel che riguarda il grande possesso fondiario, i suoi difensori hanno sempre identificato in modo sofistico i vantaggi economici, che offre l'agricoltura in grande, con la grande proprietà fondiaria, come se questo vantaggio non avesse in parte la sua [XX] maggior esteri sione possibile, e in parte non diventasse d'utilità sociale proprio solo quando fosse soppressa la proprietà privata. Parimenti essi hanno attaccato lo spirito mercantile del piccolo proprietario fondiario, come se il grande possesso fondiàrio, già nella sua forma feudale, non contenesse già in sé lo spirito del traffico allo stato latente. E non parliamo della forma moderna vigente in Inghilterra, dove il feudalismo del signore fondiario e il traffico e l'industria dell'affittuario sono connessi.
Come la grande proprietà fondiaria può respingere l'accusa di monopolio, che le viene mossa dalla divisione del possesso fondiario, poiché anche la divisione si fonda sul monopolio della proprietà privata, cosi la divisione del possesso fondiario può ritorcere al grande possesso fondiario l'accusa di dar luogo alla divisione, perché anche in regime di grande proprietà fondiaria domina la divisione, se pure in una forma rigida, solidificata. In generale la proprietà privata riposa proprio sulla divisione. Del resto, come la divisione del possesso fondiario riconduce al grande possesso fondiario sotto forma di ricchezza di capitale, cosi la proprietà fondiaria feudale deve necessariamente portare alla divisione o per lo meno cadere nelle mani del capitalista, si volti e rivolti purè come vuole.
Infatti, come accade in Inghilterra, la grande proprietà fondiaria spinge la stragrande maggioranza della popolazione nelle braccia dell'industria e riduce i suoi propri lavoratori alla completa miseria. Quindi essa produce e ingrandisce il potere del suo nemico, del capitale, dell'industria, poiché essa getta i poveri e una intera e completa attività del paese verso un'altra direzione. Fa diventare industriale la maggioranza del paese, e quindi lo trasforma in avversario della grande proprietà fondiaria. Quando l'industria ha raggiunto un alto grado di forza, come al giorno d'oggi in Inghilterra, essa estorce a poco a poco alla grande proprietà fondiaria i suoi monopoli contro [quelli] dei paesi stranieri, e la getta nella concorrenza con la proprietà fondiaria straniera. Già, perché sotto il predominio dell'industria la proprietà fondiaria poteva assicurarsi la sua grandezza feudale solo in un regime di monopolio di fronte all'estero, per proteggersi in tal modo dalle leggi generali del commercio che contraddicono alla sua natura feudale. Una volta gettata nella concorrenza, è costretta a seguire le leggi della concorrenza, come ogni altra merce, che sia ad essa sottoposta. Ma in tal modo diventa instabile, ora in diminuzione ora in aumento, e fugge dall'una all'altra mano, e non vi è più nessuna legge che possa mantenerla in poche mani predestinate. [XXI] La conseguenza immediata è lo spezzettamento della proprietà in molte mani, in ogni caso una devoluzione di potere ai capitali industriali.
Finalmente, il grande possesso fondiario, che è stato mantenuto in questo modo a forza ed ha creato accanto a sé un'industria temibile, conduce ancor più rapidamente alla crisi, come la divisione del possesso fondiario, accanto al quale la potenza dell'industria rimane sempre di secondaria importanza.
Come si vede in Inghilterra, il grande possesso fondiario ha già deposto il suo carattere feudale e assunto un carattere industriale, in quanto vuole far denaro il più possibile. Esso [dà] al proprietario la maggior rendita fondiaria possibile, e all'affittuario il maggior profitto possibile del suo capitale. I contadini sono quindi già ridotti al minimo e la classe degli affittuari rappresenta già entro il possesso fondiario la potenza dell'industria e del capitale. Per opera della concorrenza con l'estero la rendita fondiaria cessa in grandissima parte di costituire una rendita autonoma. Una gran parte dei proprietari fondiari deve subentrare al posto degli affittuari che in questo modo decadono in parte a proletari. D'altra parte anche molti affittuari s'impadroniscono della proprietà fondiaria, perché i grandi proprietari, che coi loro redditi ottenuti senza fatica si sono dati in grandissima parte allo sperpero e sono pure per lo più inutilizzabili per la direzione dell'agricoltura in larga scala, non possiedono in parte né capitali né capacità per sfruttare i loro terreni. Quindi anche una parte di costoro va completamente in rovina. Finalmente il salario ridotto al minimo deve essere ancora ulteriormente ridotto per sostenere la nuova concorrenza. Il che conduce poi necessariamente alla rivoluzione.
La proprietà fondiaria doveva svilupparsi in ciascuna di queste due forme, per esperimentare in entrambe la sua necessaria decadenza, allo stesso modo che l'industria doveva andare in rovina nella forma del monopolio e in quella della concorrenza per imparare a credere nell'uomo.

 

NOTE

1. Il testo ha: «diese Arbeit auf den Markt zu bringen»; cioé: «a portare questo lavoro sul mercato». Ed è evidentemente un errore; ma non si tratta di errore di traduzione, bensì soltanto di trascrizione, essendo che negli excerpta dell'opera dello Smith tratti dai quaderni d'appunti di Marx si legga correttamente: «diese Nahrung auf den Markt zu bringen»; cioé: «a portare questi lavori sul mercato» = (Aus den Exzerptheften, in Ges. Aus., I, 3, p. 470).


Ultima modifica 24.12.2007